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Sformato di verza su rösti con fonduta

Deutsche Kuche Remix

Per quattro sformati.
4 Rösti: vedi qui

Fonduta
100 gr di fontina
1 tuorlo d’uovo
50 gr di latte
pepe

Tagliare la fontina a pezzetti e metterla a bagno per almeno 4 ore nel latte. Mettere una pentola sul fuoco basso versare la fontina e qualche cucchiaio di latte e mescolare in continuazione con una frusta metallica finché il formaggio non è completamente fuso, quindi aggiungere il tuorlo d’uovo e continuare a cuocere mescolando finché il composto non inizia ad addensare. Condire con il pepe.

Sformato di verza su rösti con fonduta
Sformato di verza:
500 gr di verza
40 gr parmigiano grattuggiato
2 uova
burro per gli stampini
Per la besciamella:
250 gr latte
80 gr farina
80 gr burro

Besciamella
Sciogliere il burro in un pentolino, aggiungere la farina e cuocere 3-4 minuti girando con un a frusta. Versare in una volta il latte freddo, mescolare bene, portare a bollore e far cuocere qualche minuto, condire con sale e noce moscata.

Sformato
Lessare le foglie di verza in acqua bollente salata per circa 8-10 minuti, scolarle, gettarle in acqua fredda, scolarle bene, eliminare la costa dura, metterne da parte un paio per foderare gli stampini.
Frullare la verza con la besciamella, le uova e il parmigiano, aggiustare di sale e pepe.
Nel frattempo scaldare il forno a 170°
Imburrare 4 stampini da sformato e foderarne il bordo con una striscia ritagliata dalle foglie di verza. Versare il composto negli stampini e cuocere in forno a bagnomaria (acqua quasi bollente in una teglia fino a 2/3 degli stampini) per 30 – 40 minuti (provare con la lama di un coltello che esca pulita dallo sformato)

Impiattare lo sformato sul rösti e condire con la fonduta.

Disclaimer:
No animals were harmed in the marking of this dish.

roesti

Un classicissimo della cucina svizzera esistono mille varianti e due importanti scuole di pensiero: patata cruda o patata cotta. Questa è la versione più semplice e veloce.
Cosa me ne faccio? Un tortino?
Vuoi saperne ancora di più?  Clicca qui.

Anatra all'arancia con purè di patate dolci
* all’olio aromatizzato all’arancia.

Volevo provare sul campo l’olio di oliva all’arancia ricevuto in assaggio dal frantoio Gargiulo.
Giusto per non sbagliare sono andato sul classico abbinamento anatra/arancia e, per non lasciare il volatile da solo sul piatto, l’ho adagiato su un purè di patata dolce aromatizzato con coriandolo e zenzero. Ne è risultato un piatto molto profumato, dai colori accesi e decisamente gustoso. L’olio ha un sapore delicato e il suo profumo di arancia si sovrappone piacevolmente al gusto deciso dell’anatra.

Ingredienti (per due porzioni da antipasto):

1 petto di anatra da circa 200 gr
patate dolci 300 gr
1 cucchiaino di coriandolo in semi
1/2 cucchiaino di zenzero tritato
10 gr burro
olio
olio aromatizzato all’arancia (in sostituzione dell’olio extra vergine e un po´ di scorza di arancia grattugiata)

Incidere il grasso dell’anatra a piccoli rombi, quindi cuocere il petto in poco olio bello caldo per 2/3 minuti dalla parte del grasso quindi girarlo e cuocerlo ancora un minuto. Finire la cottura in forno a 100° per circa 40 minuti (temperatura al cuore 60°).
Pestare nel mortaio i semi di coriandolo con lo zenzero fino ad ottenere una pasta.
Intanto cuocere le patate sbucciate e tagliate a pezzi in acqua bollente salata fino a completa cottura (come per un normale purè di patate), passare con il frullino a immersione e cuocere qualche minuto aggiungendo il burro e la pasta di coriandolo e zenzero, aggiustando di densità con acqua o brodo di verdure.
Lasciar riposare al caldo per qualche minuto il petto di anatra, quindi tagliarlo, disporlo sul purè e condire con l’olio all’arancia.

L’amico sommelier Renzo contribuisce con un suggerimento per abbinare questo piatto al vino.
Quale vino stappare con l’anatra all’arancia reinterpretata da Angelo? Un vino dolce? Passito, botritizzato o liquoroso? Il rischio è che lo zucchero diventi il padrone assoluto delle nostre papille gustative, azzerando la piacevolezza del piatto.
Io proporrei un Riesling renano dell’Oltrepò pavese, terra di grandi riesling, strutturati e longevi. E se tra gli invitati c’è qualcuno che non gradisce il bianco? Dell’Oltrepò porto anche un Pinot nero, che abbia qualche anno però!

Panissa ligure

“Si puo’ essere felici davanti
a un piatto di pasta scotta?”
Anonimo

Con Panissa si indicano due diversi piatti tradizionali: uno a base di riso, tipico del vercellese e una “polenta” fatta di farina di ceci tipica della tradizione ligure.
Ecco la preparazione della versione ligure:

Proporzioni:
farina di ceci/acqua = 1/3 (circa)

Rovesciare a pioggia la farina nell’acqua tiepida, portare sul fuoco e cuocere rimescolando sempre per circa 40 minuti.
Rovesciare su un piatto bagnato livellandola a una altezza di circa un dito.
Far raffreddare.
A seconda di come si vuole servire si puo:
– tagliare a fette o a dadini e condire con olio, limone, sale, pepe e un po’ di cipollotto fresco, servire fredda o appena intiepidita.
-tagliare a bastoncini e friggere in abbondante olio evo.

Panissa fritta

La seconda versione e’ un classico cibo da strada della tradizione ligure. Chi dovesse recarsi a Genova, puo’ trovare ancora qualche friggitoria a sottoripa o nel centro storico che prepara questa delizia.

Aggiungo un commento di Arzaman di mysobry su abbinamento panissa/aceto balsamico:

Un suggerimento da un altro emigrante che pensa che la focaccia ligure sia una delle 3 cose per cui vale la pena di vivere…

Nella tradizione ligure la panissa e’ condita oltre che con il cipollotto fresco con un goccio di aceto balsamico…

Oltre a un abbinamento “per tradizione” direi che le caratteristiche dell’aceto balsamico si sposano con un piatto “semplice” che presenta un profilo gusto-olfattivo limitato e con una certa “stucchevolezza” della farina di ceci a lungo andare aggiungendolo un tocco di aromaticita’ e un apporto di profumi e sapori esaltando quindi il piatto poco complesso.

Stiamo parlando ovviamente di Aceto balsamico TRADIZIONALE…l’assenza infatti di questo termine indica infatti un prodotto di qualita’ decisamente piu’ limitata e prodotto con una tecnica completamente diversa..

Andiamo con ordine e facciamo un po’ di chiarezza.

L’aceto in generale e’ il prodotto della trasformazione ad opera dei batteri acetici (Acetobacter) dell’alcol contenuto in una qualsiasi bevanda alcolica (vino, sidro di mele, miele, ma anche birra o altri cereali maltati e fermentati..)
Per avvenire la reazione di ossidazione dell’alcol ha bisogno di ossigeno ..ma non ci addentriamo nella chimica delle ossidoriduzioni

Per la legge si definisce “aceto” o “aceto di vino” il prodotto della fermentazione acetica del vino (tipicamente rosso) con una quantita’ di acido acetico non inferiore al 6% e una gradazione alcolica residua del 1,5 %

L’aceto BALSAMICO Tradizionale e’ tuttaltra cosa !
La base di partenza non e’ quindi un vino (e quindi alcol) ma bensi’ il mosto cotto di uva , prima del completamento della fermentazione alcolica.

L’aceto balsamico semplice consente l’aggiunta al mosto cotto una percentuale di aceto di vino e sono poi usati vari metodi per dare la colorazione (caramello). L’altra differenza riguarda l’invecchiamento che non viene effettuato.

L’aceto balsamico tradizionale e’ ottenuto dalla cottura mosto di uva (tipicamente trebbiano e lambrusco) a fuoco diretto con conseguente concetrazione di 1/3 del volume e parziale caramellizzazione degli zuccheri. La maturazione avviene nella acetaia costituita da una serie di botti di dimensione via via decrescente (da 100l a 10L) e di legni differenti (castagno, rovere, ciliegio..). Si provvede infatti a travasi successivi dalla botte piu’ grande a quella piu’ piccolo. Le botti sono aperte per favorire l’azione dei batteri acetici e sono tipicamente collocate nei sottotetti dove l’escursione caldo freddo aumenta i fenomeni ossidativi.
Il processo dura 15-20 anni…il disciplinare poi prevede la dicitura Affinato (almeno 12 anni) e Extravecchio (almeno 25 anni) ma nella ultima botte ci saranno comunque frazioni infinitesimali di aceto di decine e decine di anni e travasi precedenti.

Infine ricordo che ne esistono due varianti: quello tradizionale di Modena e quello tradizionale di Reggio Emilia con i propri disciplinari ma entrambi DOP

Insomma un prodotto unico ed eccezionale …anche nel costo…
Spero che abbiate la fortuna di degustarlo !

Arzaman

Brandacujun

“Branda, cujun, che ciù ti u brandi di ciù è bun”
Questa esortazione del marinaio alla vittima preposta allo scuotimento e’ forse il segreto per la preparazione di questo piatto.

1 Kg di stoccafisso ammollato
una manciata di pinoli
1 tuorlo
500 gr di patate
un ciuffo di prezzemolo
uno spicchio d’aglio
olio evo

succo di 1 limone
Lessare separatamente le patate e lo stocafisso. Pulire lo stoccafisso togliendo pelle e lische e metterlo in una casseruola con le patate a pezzi e il tuorlo. Tritare aglio, pinoli e prezzemolo aggiungendoli al pesce. Aggiungere sale, olio  e limone chiudere il contenitore e scuotere a lungo, di tanto in tanto aggiungere un po d’olio e scuotere. Intiepidire prima di servirlo.

Invece di scuotere ho sbattuto nella planetaria con la foglia.